San Martino in Rio
LA ROCCA
I primi insediamenti umani nel nostro territorio risalgono all’età del bronzo, tra il sec.XVI e il sec. XIII a.C., come dimostrato dai rilevamenti effettuati fino a m 7,60 di profondità sotto l’ala nord della Rocca.
Un luogo, quello su cui sorge San Martino in Rio, che ha sempre presentato condizioni favorevoli per l’insediamento e l’aggregazione umana, in quanto situato nei pressi dell’antico torrente Trexinaria. Al primo insediamento terramaricolo è seguita certamente la presenza di altre culture. La centuriazione, ancora leggibile nel tessuto viario, i ritrovamenti archeologici e i toponimi sono tracce indiscutibili della presenza romana. Testimoniano invece la presenza dei Longobardi due tombe, ritrovate nell’Ottocento in Via Colombarola, e il nome del paese, San Martino, riferito a uno dei loro santi protettori.
Sui precedenti insediamenti viene a realizzarsi una zona fortificata, di cui si hanno notizie documentate a partire dal sec. XI.
1052
E’ riferita a quest’anno la più antica citazione sicura del “Castellum Sancti Martini in Rio”, che compare nell’elenco dei castelli e delle pievi che Bonifacio di Canossa (985-1052), padre di Matilde, aveva ottenuto in feudo dai Vescovi reggiani.
Il castello, inserito nel sistema difensivo dei Canossa, inizia dunque a ricoprire una funzione protettiva fin dal sec. XI.
1115
Nel 1115, prima della sua morte, Matilde lo cede in feudo alla famiglia reggiana dei Roberti, protagonista delle lotte tra le fazioni dei guelfi e dei ghibellini. Il castello diventa la roccaforte di questa famiglia, schierata col partito guelfo, al punto che l’Imperatore Federico Barbarossa nel 1157 ne ordina la distruzione.
1354
Il sistema difensivo creato dai Roberti, con la Rocca ed il Castello circostante (nome con cui si indicava il paese intero), resiste nel 1322 all’assedio di Passerino Bonacolsi, padrone di Modena, ma cede nel 1353 all’assalto dei Gonzaga. Il Castello “in quo erat arx fortissima et duae altissimae turres” viene distrutto. Con l’aiuto dei Visconti, l’anno successivo, la Rocca viene ricostruita, utilizzando parti preesistenti (come la base del torrazzo e della torre di San Giovanni), e maggiormente fortificata, secondo l’impostazione del recinto con quattro bastioni agli angoli e un fossato perimetrale. Risalgono all’intervento trecentesco dei Roberti anche la torre e la Cappella di San Giovanni, i cornicioni in mattoni e le merlature esistenti nella parte nord e sud.
1430
I Roberti resistono alle minacce estensi nel 1402, nel 1409 e ancora nel 1420. Nel 1430 sono però costretti ad arrendersi alla spedizione militare di Nicolò III d’Este. Il 2 giugno 1440 Nicolò III, nuovo signore di San Marino in Rio, ratifica gli Statuti Comunali, riconoscendo i diritti della Comunità. La copia originale è ancora conservata presso l’archivio storico comunale.
Alla morte di Nicolò III, nel 1441, gli succede il figlio naturale Leonello, che assegna al fratello Borso, a titolo personale, il feudo di San Martino e Campogalliano. Il nuovo signore inizia grandi lavori di sistemazione della Rocca, tra cui il restauro e il rifacimento dell’ala nord e del porticato su colonne in marmo dell’ala est. Contemporaneamente avvia importanti lavori di bonifica del territorio e commissiona il ciclo di affreschi ancora visibili nella Sala dell’Unicorno, per celebrare le sue imprese.
Nel 1450 Borso d’Este diventa Signore di Ferrara, Reggio e Modena, restando comunque legato al suo feudo personale tanto che la Comunità di San Martino lo rielegge come proprio Signore. Muore nel 1471; gli succede il fratello Ercole I.
1490
In quest’anno Ercole d’Este Duca di Ferrara concede al fratello Sigismondo e ai suoi eredi “il castello e loco nostro de Santo Martino in Rivo”. Termina in questo modo il dominio diretto ducale ed inizia il dominio di quello che si chiamerà il “ramo degli Este di San Martino”, di fatto il più indipendente tra i rami cadetti estensi, che governerà col diritto “di vero e proprio regno, col mero e misto imperio, col diritto della spada, più quello dei dazi e delle gabelle, di regolare e amministrare le entrate e le uscite, e di levar soldati”.
La posizione geografica del Castello e della Rocca di San Martino, al centro di un territorio incuneato tra le confinanti signorie di Correggio e Carpi, nonché quasi equidistante dalle cittadine di Reggio, Modena e Rubiera, ne ha fatto un importante centro strategico difensivo e di presidio nella politica estense. Per questo la Rocca, già ampliata e fortificata dai Roberti, ha continuato ad essere al centro delle attenzioni dei suoi signori.
Sigismondo I muore nel 1507; gli succede il figlio Ercole I e successivamente Sigismondo II.
La guerra tra Papa e Impero sconvolge tutta l’Italia. Per due mesi, nel 1536, la Rocca subisce l’assedio di truppe tedesche che infine desistono dall’espugnarla. Le condizioni dei sudditi sono tragiche: “San Martino è disabitato, devono farsi lavori alle mura per richiuderlo, si difforma il castello”.
L’uso delle armi da fuoco richiede nuovi metodi difensivi; nel 1537 si sistemano le fortificazioni.
Le mire autonomistiche manifestate da Sigismondo II provocano la reazione di Ercole II d’Este Duca di Ferrara, che assedia ed espugna il Castello e la Rocca. Sigismondo II viene dichiarato decaduto; la Rocca viene saccheggiata e devastata. Solo grazie all’intervento di Filippo II Re di Spagna, Sigismondo II viene reintegrato nei suoi diritti.
1570
A Sigismondo succede il figlio Filippo I. Il suo matrimonio con Maria di Savoia nel 1570 è l’occasione per l’ampliamento della Rocca, con la costruzione dello scalone d’onore e delle sale di rappresentanza dell’ala ovest. La Rocca si trasforma in residenza signorile, perdendo progressivamente l’originaria funzione difensiva.
Nel Seicento la Rocca viene ulteriormente abbellita: le sale del piano nobile (attuali Sala del Teatro e Sala delle Aquile) vengono decorate con “imprese” inneggianti alle virtù degli Este di San Martino, oltre all’aquila bianca estense alternata all’aquila nera imperiale.
Filippo I promuove inoltre la costruzione della Colleggiata e il riordino dell’intero centro. Gli interventi proseguono con il suo successore, il figlio Carlo Filiberto I, che finanzia la costruzione della nuova chiesa Colleggiata, la realizzazione della piazza antistante la Rocca, il convento dei Cappuccini e nel 1627 la costruzione di un teatro a scena fissa all’interno del recinto della Rocca.
1752
Nel 1752, con la morte di Carlo Filiberto II e in assenza di una discendenza maschile, si estingue il ramo degli Este di San Martino. L’amministrazione del feudo ritorna alla Camera Ducale. Il governatore, nel 1754, per eseguire lavori di restauro al tetto della Rocca, ordina la demolizione del teatro per utilizzare il materiale ricavato.
1772
Il territorio di San Martino in Rio e Campogalliano viene venduto all’incanto e acquistato, nel 1772, da un nobile di origine napoletana, don Paolo Rango d’Aragona. In questo momento la Rocca è descritta come “caduta e parte che sta per cadere posteriormente”.
Il Marchese Rango d’Aragona avvia quindi lavori di sistemazione generale, secondo lo stile ed il gusto dell’epoca: un salone viene trasformato in teatro; le varie stanze vengono adornate di stucchi, camini in scagliola e marmo; i vecchi soffitti, dipinti a grottesche nel XVI secolo, vengono ricoperti con controsoffittature; le pareti vengono decorate con cineserie e finta carta da parati; tutti i serramenti interni ed esterni vengono rifatti; la facciata est verso la piazza viene completamente risistemata e vengono aperte nuove finestre. Negli attuali spazi della biblioteca sono visibili gli scuri originari dell’epoca alle finestre del lato est, mentre gli stucchi settecenteschi convivono con i soffitti lignei e le fasce superiori delle pareti di epoca cinquecentesca (giunti a noi grazie alle controsoffittature realizzate nel Settecento).
Nel 1792, alla morte del Marchese d’Aragona e in assenza di una discendenza maschile, il feudo torna alla Camera Ducale.
Le vicende del periodo napoleonico vedono la Rocca perdere il carattere di residenza nobiliare, pur rimanendo al centro della vita sociale e amministrativa: nel 1797 vi si trasferisce la Comunità o Municipalità, come da allora inizia a chiamarsi. Altri locali vengono adattati ad abitazione per funzionari comunali. Nel 1817 alcuni spazi vengono concessi in affitto alla Congregazione di Carità “per costruire un granaio”.
Nel 1829 la vecchia ghiacciaia viene sostituita con una nuova, utilizzabile da tutto il paese.
1861
Con l’Unità d’Italia iniziano i lavori di bonifica delle fosse interne; tra il 1861 e il 1863 si effettuano i lavori di demolizione del ponte di accesso alla Rocca, la costruzione del balcone sulla porta e la chiusura delle due feritoie del ponte levatoio. In questo periodo vengono avviate, inoltre, le demolizioni delle mura della Rocca, a sud, ovest e nord. Nel 1927 terminano i lavori di colmatura dei fossati, con la sistemazione a giardino, campo sportivo e passeggiata degli attuali Prati della Rocca.
Diverse sono le trasformazioni che si susseguono e che vanno a modificare l’aspetto dell’intero edificio e le funzioni dei diversi ambienti. Nell’ala sud trova sede, nel 1880, la caserma dei Reali Carabinieri e successivamente, nel 1929, la Casa del Fascio. Nel 1930 viene tolta la copertura del Torrazzo. Nel 1934 la Sala del Teatro viene trasformata in aula scolastica. Durante la seconda guerra mondiale il comando tedesco si insedia nella Rocca, con conseguente ulteriore danno a tutto il complesso. La mancanza di legna spinge le famiglie che vi risiedono, insieme ai soldati, ad utilizzare diverse assi e travi, anche di soffitti dipinti. Dopo la liberazione, gli uffici comunali si trasferiscono nell’ala sud. Il resto della Rocca si trova ad ospitare vari partiti e associazioni locali, oltre alle scuole elementari che nel 1958 vengono trasferite nel nuovo edificio di Via Rivone. La Rocca ospita quindi la scuola media fino al 1971, data in cui viene costruita la sede in Via Manicardi. I locali del piano nobile vengono occupati dal Museo dell’Agricoltura come sede provvisoria. In questi anni nella Rocca vivono ancora alcune famiglie, c’è la sede della Camera del Lavoro (nella chiesetta di San Giovanni) mentre nell’ala sud si trovano gli uffici comunali.
1977
Nel 1972 iniziano il rilievo dell’edificio e l’opera di sensibilizzazione per recuperare l’intero complesso; nel 1977 il Consiglio Comunale approva il progetto di restauro e la futura destinazione della Rocca a sede delle attività culturali. Nel 1981 iniziano i lavori di restauro, progettati e diretti dall’Architetto Mauro Severi.
Gli interni della Rocca
Piano terreno:
- La corte d’onore presenta, sul lato est, un antico portico, oggi sala del museo, con colonne e capitelli a foglie d’acqua, databili ai primi anni del sec. XV. Il portico è stato riaperto durante i recenti restauri. Sotto gli intonaci, sono le tracce di una decorazione eseguita direttamente sui mattoni a vista. Sul lato ovest, un altro porticato con colonne antiche in granito di recupero, immette verso lo scalone d’onore (fine sec. XVI), parte dell’intervento voluto da Filippo d’Este.
- La parte est del piano terra ospita le sale del museo. I soffitti lignei sono del sec. XV e XVI.
- La sala conserva tracce di decorazioni nel soffitto (sec. XV) con imprese estensi e ridecorazioni sul soffitto ligneo e fascia perimetrale a grottesche della seconda metà del sec. XVI. Interessanti i putti e le figure femminili della fascia.
- La Sala Verde conserva un interessante decorazione del sec. XV, con putti reggi stemmi e mensole aggettanti dipinte, opera di pittori della famiglia degli Erri, su incarico di Borso D’Este, già Signore di San Martino , poi Signore di Ferrara.
- Anche in questa sala, resti di fasce dipinte dagli Erri, con putti e festoni di frutta.
- 7. In queste due sale, gli originali soffitti lignei decorati sono dell’inizio del sec. XVII. Le pareti, in corso di restauro, sono completamente decorate.
- La cappella di San Giovanni, costruita nel 1395, conserva ancora le fasce di cotto del portale, l’abside e l’altare originale in marmo di Verona con stemma in arenaria dei Roberti da Tripoli ed un pregevole San Martino, sempre in arenaria.
La Rocca Estense – Piano Nobile
- Il grande atrio del piano nobile ha una parte di soffitto originale decorato nel seicento. Dall’atrio si accede ai grandi saloni dell’ala ovest, ridipinti agli inizi del sec. XVII, per trasformare in residenza signorile l’antica rocca.
- La Sala del Teatro era usata a tale scopo dalla metà del sec.XIX agli anni trenta dello scorso secolo. Il soffitto è decorato a partire dal seicento, la fascia perimetrale, con scene d’imprese araldiche inneggianti alle virtù di casa d’Este San Martino, dipinte agli inizi del sec. XVII. La decorazione ottocentesca della trasformazione in teatro riguarda le parti inferiori, i paramenti murari e la parete est, dove era stato ricavato il boccascena. Il palcoscenico era ricavato nel grande atrio.
- Anche in questa sala le decorazioni su soffitto e fascia inneggiano alle virtù estensi. “Imprese” con motti in latino, francese e spagnolo sono intervallati da aquile bianche e nere appartenenti alla araldica degli Este.
- Il grande salone settecentesco, ridipinto agli inizi del novecento dal pittore sammartinese Bizzochi secondo il precedente impianto decorativo, conserva sulla parete est lo stemma dell’ultimo Marchese di San Martino, Paolo Rango d’Aragona.
- Da questa sala inizia l’appartamento dei Marchesi di San Martino. Le pareti e le volte sono state ridecorate per volontà dell’ultimo marchese, Don Paolo d’Aragona, con sfondi e paesaggi lacustri. Camino in stucco e scagliola del tipo carpigiano, serramenti esterni e porte, laccate e dorate, sono originali del sec. XVIII.
- E’ la prima anticamera dello studio del Marchese. Il soffitto e la fascia sottostante sono stati decorati alla fine del cinquecento, con paesaggi e grottesche, attribuiti ai Filippi di Ferrara. Le pareti sono state dipinte a finto parato di tessuto alla fine del settecento.
- In questa stanza veniva probabilmente amministrata la giustizia, raffigurata sul camino, da parte del Marchese d’Aragona. Il soffitto e la fascia sottostante sono dipinte a grottesche, come per la precedente sala, nella seconda metà del sec. XVI. Le pareti, sempre realizzate nel settecento, sono decorate con cineserie, piccoli ovali con scene di vita orientali. Nello studio, la volta conserva l’originaria decorazione settecentesca, con motivi naturalistici ed animali domestici.
- Questo piccolo spazio, utilizzato fino al 1945 come sala d’attesa dell’ufficio del podestà, presenta volta e pareti decorate nel 1930 da un pittore locale: sul soffitto, la celebre impresa di Italo Balbo.
- La sala dell’unicorno è nel cuore del Torrazzo. Sulla struttura del trecento, Borso d’Este ne commissiona le decorazioni a tempera a metà quattrocento: in questo periodo lavorano alcuni pittori della famiglia degli Erri. La raffigurazione racconta alcune “imprese” di casa d’Este, tra cui il mitico animale.
- La sala degli imperatori è di impianto settecentesco, coincidente con quello originale quattrocentesco. Il soffitto ligneo è del sec. XV. Al di sotto restano tracce di una fascia pittorica a motivi vegetali della seconda metà del sec. XVI. Sul lato nord un grande camino in scagliola carpigiana.
- Questa sala era originariamente divisa in due ambienti. La parte sud ha le tre pareti originali con decorazioni settecentesche ed un camino in scagliola carpigiana. Il soffitto ligneo è del sec. XV. Al di sotto corre una fascia decorata con figure femminili e animali fantastici, di altissima qualità esecutiva databile alla seconda metà del sec. XVI.