Antonio Allegri detto “Il Correggio”
Le informazioni documentarie relative ad Antonio Allegri sono così esigue e scarne da rendere assai difficile ricostruirne una biografia dettagliata.
La stessa data di nascita è incerta: gli storici oscillano tra il 1489 (secondo le più recenti acquisizioni) e il 1494.
Lo stesso Vasari, primo biografo del Correggio, diede della vita del pittore solo notizie lacunose, finendo per accreditare la paradossale leggenda della morte dell’Allegri che, dopo un viaggio a piedi da Parma a Correggio carico di un enorme sacco di soldi, sarebbe stato stroncato dal grande caldo e dal continuo dissetarsi.
Fuori dal mito, sappiamo che Antonio, figlio di Pellegrino e Bernardina degli Ormani, compie il suo apprendistato artistico verosimilmente presso pittori locali. Assai improbabile è, invece, il suo alunnato presso il modenese Bianchi Ferrari, attribuitogli dalla tradizione locale. Assai più rilevanti, invece, sono le decisive influenze della scuola mantovana del Mantegna e dei suoi allievi, e della scuola ferrarese di Lorenzo Costa, cui il Correggio attinge nel suo periodo giovanile. A questi anni vanno fatti risalire alcuni affreschi nella chiesa di S. Andrea di Mantova, di evidente ascendenza mantegnesca, e la Natività di Brera. Nel 1514 dipinge la Madonna di San Francesco, per l’omonima chiesa correggese (oggi a Dresda), opera che propone l’annosa questione di un suo ipotetico viaggio a Roma di cui taluni ravvisano evidenti echi. Alcuni studiosi lo negano, altri ne sostengono la plausibilità (collocandolo verso il 1518) e la conoscenza diretta delle opere romane di Raffaello e Michelangelo da parte del Correggio, altri ancora, infine, lo retrodatano al 1513.
Dal 1514 al 1518 il Correggio realizza alcune delle sue opere più importanti (L’Adorazione dei Magi di Brera, la Zingarella di Capodimonte, la Madonna Campori di Modena) che preludono al suo primo, grande incarico: la commissione per affrescare la Camera di San Paolo nell’omonimo monastero benedettino in Parma (1518-1519). Sposata nel 1519 Girolama Merlini, da cui ha un figlio (Pomponio, che sarà modesto seguace del padre) e tre figlie (Francesca Letizia, Caterina Lucrezia e Anna Seria), rinsalda i suoi rapporti con l’Ordine Benedettino di Parma, che gli affida l’affrescatura della cupola, della conca absidale e il fregio della navata centrale della chiesa di San Giovanni Battista (1520-1523).
Ormai la fama dell’artista si è consolidata e il 3 novembre 1522, mentre sta ancora lavorando in San Giovanni, stipula il contratto per la realizzazione degli affreschi del Duomo di Parma (cupola, abside, arconi e pilastri). Un’opera ciclopica, realizzata solo in parte dal 1526 al 1530 allorché dipinge i 650 metri quadrati della Assunzione della Vergine nella cupola. I tre cicli di affreschi parmensi rendono giustizia della grandezza del pittore, che dalla seconda metà del terzo decennio del Cinquecento attende anche al compimento di numerose pale d’altare che si propongono come capolavori assoluti (La Notte, la Madonna di S. Girolamo, la Madonna della Scodella, la Madonna di S. Sebastiano, la Madonna di S. Giorgio).
Morta la moglie nel 1529 e rimasto solo con il figlio Pomponio e la figlia Letizia (le altre erano da tempo scomparse), trascorre i suoi ultimi anni a Correggio dove esegue, su commissione di Federico Gonzaga duca di Mantova, la celeberrima serie mitologica degli Amori di Giove (Danae, Leda, Io, Ganimede). In precedenza aveva dipinto già quadri dello stesso genere (Educazione di Amore, Giove ed Antiope, il Vizio e la Virtù). Nulla è rimasto a Correggio delle opere realizzate per chiese cittadine. Della Madonna di San Francesco si è detto, mentre il Riposo durante la fuga in Egitto, anch’essa in San Francesco, è oggi nella Galleria degli Uffizi di Firenze. Il quadro raffigurante I Quattro Santi, già in San Quirino, si trova al Metropolitan Museum di New York, il Trittico dell’Umanità di Cristo, dipinto per la Chiesa di S. Maria della Misericordia, è da considerarsi quasi integralmente perduto, mentre un affresco con Madonna col Bambino fra i Santi Francesco e Quirino, strappato dall’antica chiesa di San Quirino, è esposto nella Galleria Estense di Modena.